Il ruolo dell’allenatore nel settore giovanile
Siamo abituati a chiamarli “allenatori”, ma l’uso di questo appellativo per etichettare coloro che dirigono gli allenamenti dei ragazzi del settore giovanile è sminuente: il loro ruolo va ben oltre.
Il “mister”, come diciamo in Italia, di squadre che vanno dai Piccoli Amici agli Esordienti ha anche l’importante compito di essere maestro, educatore: non a caso le società vengono chiamate “Scuola Calcio”.
È questa caratteristica che seleziona i bravi allenatori. I gesti tecnici come passaggi e dribbling possono essere insegnati da chiunque abbia queste nozioni calcistiche. La trasmissione dei valori quali rispetto, amicizia, spirito di squadra e dedizione (che devono dominare il calcio) è un impegno più profondo.
Non esiste un codice attitudinale per diventare un allenatore di calcio giovanile, non ci sono regole da seguire in modo pedissequo. Ciò che occorre è una buona dose di studio condito con una grande quantità di passione: è questa la giusta ricetta di chi vuole insegnare calcio agli allievi in età scolare.
Il bravo allenatore non è colui che riesce a vincere i finti campionati o che riesce a dare un’impronta vincente ai propri bambini: le uniche impronte che si devono vedere sono quelle delle scarpe sul terreno.
Il bravo mister rispetta il desiderio di divertimento dei ragazzi e insegna a portare rispetto per compagni e avversari.
L’allenatore è apatico verso l’esito delle partite, ma continua a infondere entusiasmo, fiducia e ottimismo. Aiuta i ragazzi ad acquisire autostima. Rimprovera gli errori comportamentali prima di quelli tecnici. Incoraggia l’impegno a migliorare.
Il bravo allenatore programma l’attività da svolgere riconoscendo i limiti di squadra e le doti del singolo. Cerca di creare un gruppo di amici prima che una squadra di calcio, investendo nel divertimento, sempre a braccetto con l’impegno. Lavora per piccoli e graduali obiettivi.
Un mister del settore giovanile, per definirsi tale, è coerente nelle regole, fa partecipare tutti alle partite perché il calcio è un gioco e un gioco va giocato.
Il bravo allenatore insegna, ascolta e impara.
Poi con lo studio apprende competenze tecnico-dimostrative, organizzazione didattica, modi di comunicazione, conoscenze pedagogiche e fattori tecnici, tattici e fisico-motori.
Passione e studio, due armi indispensabili per chi vuole essere un allenatore di giovani calciatori.
Ricordando che per chi allena per amore del calcio “l’allievo deve essere considerato il soggetto e non l’oggetto delle attenzioni e del lavoro dell’allenatore”.
Davide Fabris